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È interessante tracciare nel tempo  il percorso che l’incontinenza ha fatto per emergere, assurgere alla dignità di patologia, sino a conquistare  il “diritto” di essere curata. È anche un tantino nostalgicamente romantico per la nostra Società, perché significa richiamare alla mente professionisti amici che pionieristicamente se ne sono interessati, hanno fatto ricerca e divulgazione culturale in ambito professionale, e poi anche divulgazione nella comunità. Non bisogna dimenticare che i tavoli tecnici sull’incontinenza, oggi presenti in tutte le regioni, sono frutto della tenacia di un pilastro della nostra società. E’ indubbio che proprio il Tavolo tecnico sull’incontinenza può assurgere ad esempio di come la “conoscenza scientifica” promossa da una società come la SIUD possa influenzare la politica su come organizzare l’assistenza ai pazienti.

Curare l’incontinenza è da sempre tutt’altro che semplice. Abbiamo lottato contro i pregiudizi e i luoghi comuni dei pazienti; abbiamo lottato contro una storica quanto ingiustificata gerarchizzazione per importanza delle patologie, mostrando e dimostrando che se pur di incontinenza non si muore, questa sindrome ammazza la vita nel suo significato più vero; anche per questi motivi abbiamo lottato e lottiamo ancora per convogliare risorse economiche e capitale umano nella diagnosi e nella cura.

Se ci fossimo chiesti il 7 marzo 2020 quale fosse lo “stato di salute” dell’incontinenza ci saremmo dati sicuramente una risposta ottimistica, pur consapevoli che c’era ancora tantissimo da fare.

E oggi? quale risposta ci daremmo?

La pandemia da Covid-19 è stata un vento eccezionale che ha portato dolore e sofferenza, e anche se la risposta del “sistema Italia” è stata superlativa nell’emergenza e ci riempie di orgoglio, tuttavia è chiaro che il blocco che il Paese ha dovuto accettare con grande senso di responsabilità, ha prodotto degli strascichi con cui dovremo confrontarci ancora per tanto tempo. Una rapida ricognizione fatta fra gli operatori del settore e il confronto con le associazioni di pazienti ci restituiscono una fotografia della situazione attuale desolante. La Sanità Italiana sta ripartendo con lentezza, trovando difficoltà nel recepire le nuove regole di sicurezza per fronteggiare la diffusione del virus. L’attesa per le prestazioni sia in ambito diagnostico che terapeutico si è allungata. Le risorse investite per il COVID-19  -è timore diffuso- al netto potrebbero portare a una contrazione della disponibilità economica per tutto il resto. In questo scenario, quasi ritornando indietro di 20 anni, si rischia nuovamente di non avere spazio per l’incontinenza.

Il preconcetto ritorna. Come in una lettura di storia economica, l’uomo ha la necessità di risolvere i suoi bisogni primari, prima di affrontare quelli secondari e terziari. E allora prima vengono tutte le patologie che pongono a rischio di sopravvivenza, poi verranno le patologie che alterano la qualità della vita. Il nostro timore è che quella tracciata sia una “soluzione facile”, ma sicuramente non è l’unica e ancora meno la migliore. Trattare l’incontinenza significa ridurre i costi sociali della patologia (perdita di giorni lavorativi, necessità di farmaci e presidi per incontinenza, limitato accesso ad attività ludiche con conseguente danno economico, minore attività fisica con peggioramento dello stato di salute di un’intera popolazione, ecc.). Purtroppo i costi sociali non entrano nei bilanci annuali delle Aziende Sanitarie, e questa potrebbe essere una ulteriore ragione per la quale l’incontinenza non trovi spazio per lungo tempo nei nostri ambulatori e nei nostri ospedali. Questa stessa distorsione porta a una spesa per pannoloni che nel 2018 è costata alla comunità 355 milioni di euro, senza coprire neanche l’intero fabbisogno nazionale. Una sling per incontinenza invece costa meno di 500 euro, e permette di abbandonare i pannoloni… ma è una protesi, una voce di bilancio importante per le aziende sanitarie.

 

In linea con la nostra mission, e con un intento costruttivo, Abbiamo inviato una lettera alle Aziende Sanitarie e agli Ospedali delle diverse Regioni italiane per segnalare l’importanza di una ripresa delle attività diagnostiche e terapeutiche per questi pazienti.

 

Sono cinque milioni gli Italiani che soffrono di incontinenza, e che a buon diritto si aspettano di non essere abbandonati da medici e Istituzioni. Il nostro appello alle direzioni strategiche di ASL e Aziende Ospedaliere vuole portare all’attenzione di tutti il fatto che l’incontinenza urinaria è una patologia frequente e invalidante, che merita di avere un posto nell’agenda di questo nostro Paese che riparte, ma che non ha mai smesso di mostrare a tutto il Mondo l’alto e qualificato profilo dell’assistenza sanitaria che sa offrire ai suo cittadini.