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N 11 Aprile 2021

EDITORIALE

a cura di enrico finazzi agrò

Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza

Ovvero

Perché inviare un lavoro alla SIUD e come fare perché venga accettato…

 

La Società Italiana di Urodinamica (SIUD) è stata negli ultimi 44 anni un punto di riferimento non solo per i cultori della disciplina dell’urodinamica, ma anche per tutte quelle figure professionali che affrontano e cercano di risolvere le problematiche disfunzionali del basso apparato urinario e, più in generale, degli organi pelvici e del pavimento pelvico. Lo dimostra il crescente numero di abstracts ricevuti negli ultimi anni dalla commissione scientifica. Ma quali sono le ragioni di questo successo? Perché si continua ad avere voglia di inviare un abstract alla SIUD?  E quali sono i “segreti” per avere un abstract accettato?

Probabilmente, il fatto di pubblicare i nostri abstracts su Neurourology and Urodynamics, che è la rivista più prestigiosa sulle tematiche dell’urodinamica e delle patologie funzionali del basso apparato urinario (oltre ad essere la nostra rivista ufficiale) ha contribuito molto ad aumentare la voglia di avere un proprio studio accettato alla SIUD. E questo fascino colpisce indifferentemente i maggiori esperti del settore (tutti presenti ai nostri congressi) e i più giovani, che hanno voglia di emergere e di portare il loro contributo: è veramente entusiasmante constatare come il numero dei lavori presentati da specialisti in formazione sia aumentato negli ultimi dieci anni così come è veramente notevole la qualità media degli studi da loro discussi.

Ma forse, la chiave del successo SIUD è la possibilità di avere un confronto multidisciplinare e multiprofessionale: solo all’International Continence Society, cui siamo affiliati, c‘è la stessa atmosfera di confronto costruttivo fra specialisti di diversa estrazione e fra diverse figure professionali (infermieri, fisioterapisti, ostetriche) che si respira in SIUD: è un patrimonio da non dissipare, assolutamente. Molti autorevoli colleghi stranieri che hanno frequentato i nostri meeting negli ultimi anni mi hanno confessato di non avere mai visto una società nazionale di settore che raccoglie così tanti partecipanti e così qualificati. E, avendo girato il mondo (quando si poteva…) posso confermare che un’altra SIUD ancora non l’ho trovata. Abbiamo tanti soci che hanno una visibilità e un apprezzamento internazionale; l’avere ospitato nei congressi SIUD i maggiori esperti internazionali, lungi dall’avere ridotto il ruolo di noi italiani, ci ha consentito di crescere e di farci conoscere nel mondo.

Ma con tanti lavori presentati, quali sono i segreti del successo? In altre parole, come si fa ad avere il proprio lavoro accettato alla SIUD? La prima cosa da evitare è quella di inserire il proprio nome o il nome del proprio centro nel testo: continua ad essere frequente un errore banalissimo ed evitabile come la mancanza di anonimato nell’abstract, requisito esplicitamente richiesto dalle regole della nostra Società. Osservata questa regola, il lavoro deve essere innanzitutto originale: è importante non ripetere osservazioni già riportate o ribadire concetti noti. Eviterei, se mi consentite la citazione indie pop, di produrre un lavoro che ci ricordi come “la Tachipirina 500, se ne prendi due, diventa 1000!”. Prendiamo, invece, un argomento, anche di nicchia, ma con una propria rilevanza nella nostra pratica clinica e poniamoci una domanda accademica originale: questo strumento diagnostico è migliore di quest’altro? La terapia X funziona meglio di quella Y? Il comportamento clinico che teniamo (per esempio quando rimuoviamo il catetere dopo un intervento) è giustificato dall’evidenza? O dobbiamo capire meglio che cosa fare? Se la domanda è interessante, avremo molte chance di presentare il lavoro al congresso… Ovviamente poi va costruito uno studio che possa rispondere alla domanda che ci siamo posti: il nostro studio potrà essere prospettico o retrospettivo, controllato (meglio) o no, osservazionale, e così via… Ogni tipo di studio ha pregi e difetti che dovremo valutare, compresi i costi e le difficoltà di approvazione da parte del comitato etico, che sono maggiori, ad esempio, per uno studio randomizzato controllato, rispetto ad uno studio osservazionale.

Ricordiamoci che esistono checklist e modelli per quasi tutte le tipologie di studio che ci possano venire in mente: seguiamo queste raccomandazioni e, se necessario, registriamo il nostro studio in un database (tipo clinicaltrials.gov). Molte riviste richiedono questo passaggio, se vorremo pubblicare il nostro lavoro. Quindi svolgiamo il nostro studio e descriviamolo bene: di nuovo, le checklist e le raccomandazioni ci aiuteranno a farlo bene. Un lavoro pensato e realizzato così, si accetta di sicuro!

E allora, forza! Avete ancora pochi giorni per presentare i vostri lavori alla SIUD, la commissione scientifica è ansiosa di leggerli… Io invio abstracts alla SIUD da 27 anni e non mi sono ancora stancato…

Ci vediamo a Firenze, a 700 anni dalla morte del padre Dante, perché “fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”!

FATTI, MISFATTI, ARTEFATTI

a cura di marco soligo

Slalom Parallelo in Sala Parto

Il Fatto e il Misfatto

In uno splendido pomeriggio di novembre Cecilia* dà alla luce il suo primo figlio, una bellissima bimba di 3500 gr.,  assistita dall’Ostetrica che pratica in fase espulsiva un’episiotomia medio-laterale.

Ci si è subito Rifatti

L’Ostetrica, attenta, nelle fasi immediatamente seguenti all’uscita della bimba, dopo il secondamento, nel detergere i genitali e predisporre per la riparazione episiotomica nota delle secrezioni particolari a livello vaginale; la porzione più caudale della incisione episiotomica appare normale, il complesso sfinterico non pare neppure esposto…, nel dubbio esegue un’esplorazione rettale e…,  cosa scopre?

Vede baluginare il bianco candido del proprio guanto nel 1/3 superiore dell’incisione episiotomica: una lesione a tutto spessore, longitudinale, a margini netti di circa 1,5 cm della mucosa rettale.

Quella che gli Autori anglosassoni definiscono “buttonhole terar” e noi traduciamo con “lesione ad asola”. SI tratta di una lesione sovrasfinterica che può concomitare ad una lacerazione perineale di III o IV grado o, più comunemente compare isolatamente ed indipendentemente da una lesione del complesso sfinterico anale.

Il Riscatto!

Bravissima l’Ostetrica!

Viene allertato il medico e si innesca il Protocollo di gestione delle Lacerazioni perineali Severe:

profilassi antibiotica, adeguata analgesia e illuminazione, kit di ferri chirurgici dedicato e il medico ostetrico più esperto in servizio procede alla riparazione della lesione con uno strato in punti staccati sulla mucosa anale ed un duplice sopraggitto a chiudere la mucosa vaginale per completare poi la riparazione episiotomica.

Il Protocollo di gestione delle Lacerazioni perineali Severe viene quindi seguito in tutti i suoi passaggi successivi (lassativi, antibioticoterapia e follow-up specifico gli elementi essenziali). Cecilia viene dimessa in IV giornata del postpartum con una sutura episiotomica adesa e non infiltrata, con una normale canalizzazione dell’alvo,  riferendo la presenza di incontinenza ai gas ed urgenza defecatoria in assenza altri sintomi riferibili all’area pelvica.

Si va a casa…

Al controllo ad 8 giorni dal parto Cecilia sta bene, il controllo dei gas è migliorato e persiste urgenza defecatoria, la sutura episiotomica è in avanzata fase di guarigione tanto nella porzione intravaginale quanto in quella cutanea.

A 20 giorni dal parto viene eseguita una visita collegiale con il chirurgo colo-rettale che, all’esplorazione rettale, rileva uno Sfintere normotonico ed apprezza anteriormente  un cordone fibrotico senza soluzioni di continuo mucose e all’Anoscopia osserva una linea di sutura ben ricoperta da mucosa rettale.

Per Cecilia viene quindi programmato un ciclo di Riabilitazione del pavimento pelvico che esegue circa a 2-3 mesi dal parto con progressiva risoluzione dell’urgenza defecatoria e completo ritorno alla normalità

Al controllo ad un anno Cecilia sta bene ed è pronta per cercare una nuova gravidanza

Morale

Il pronto riconoscimento della lesione e l’adozione di un protocollo di gestione hanno evitato a Cecilia un grande problema!

Il Fatto e il Misfatto

In una fresca serata di aprile Rossana* dà alla luce il suo primo figlio, un bellissimo bimbo di 3800 gr.,  assistita dall’Ostetrica che pratica in fase espulsiva un’episiotomia medio-laterale.

I distratti

Senza troppi complimenti il Ginecologo in servizio procede alla riparazione della episiotomia. Rossana avverte intenso dolore e chiede se non sia possibile avere un’anestesia…, Rossana viene accontentata…

Rossana è al suo primo parto, non ha nessuna cognizione di come debbano andare le cose…

La mattina successiva, recandosi al bagno avverte una strana sensazione, come se le feci uscissero contemporaneamente dalla vagina e dall’ano…, boh. Chiede lumi al personale del reparto, le viene risposto che è normale non avere sensibilità all’ano, dopotutto ha partorito un bimbetto di quasi 4 kg!

La degenza trascorre con intenso dolore, fatica a muoversi e l’invidia per la vicina di letto che, a parità di episiotomia, si muove come una gazzella…, la perplessità su quanto continua ad accadere quando si reca al bagno…

Il Riscatto…?

Finalmente dopo 4 giorni qualcuno la visita, per dimetterla…, Rossana riferisce nuovamente del dolore che avverte, della fatica che fa a muoversi, e soprattutto, della strana cosa che le capita quando va al bagno…

Macchè 

Rossana viene laconicamente dimessa con il consiglio di assumere un poco di ferro.

Rossana a casa sta malissimo, si vergogna tremendamente di quanto le accade, e dopo qualche giorno, esausta, si abbandona sul letto, supplica la sorella di…, dare un’occhiata e…, cosa scopre?

L’aspetto di una deiscenza di sutura infetta non è certo l’immagine più rassicurante per un non addetto ai lavori!

Rossana si reca al Punto nascita dove ha partorito: viene riscontrata una sutura episiotomica lievemente infiltrata, con sierosità purulenta e diastasi di un punto esterno. Inizia una terapia antibiotica e viene rinviata ad un controllo a due giorni di distanza.

Il Misfatto è acclarato…

Dodici giorni dopo il parto viene diagnosticata una fistola retto-vaginale con compromissione del complesso sfinterico.

Il cambio di passo…

Rossana viene ricoverata e, d’incanto tutti diventano gentili, accudenti, premurosi…

A 20 giorni circa dal parto viene sottoposta ad intervento ricostruttivo perineale con Colostomia di protezione.

A sei mesi di distanza Rossana viene sottoposta a ricanalizzazione del tratto digestivo, ma nei giorni e nei mesi successivi constata di avere ancora un grande problema:

Un grande problema…

Una quotidiana   incontinenza fecale, sia a feci solide che ai gas, tanto passiva quanto da urgenza…

Rossana ricomincia un tour di esami, consulenze, pareri… e a due anni di distanza dal parto ancora non sa decidersi se affrontare il nuovo intervento ricostruttivo pelvi perineale che le è stato consigliato…, non riesce nemmeno più ad immaginare di poter avere un altro bimbo…, Rossana ha un grande problema!

Morale

Ma quanto brava è stata l’Ostetrica di Cecilia?

DIAMO I NUMERI

a cura di emilio sacco

Tutti noi abbiamo vissuto le drammatiche conseguenze della pandemia oltre che sul piano personale e familiare anche su quello professionale, improvvisamente bloccati nella possibilità di fornire le nostre prestazioni ai pazienti con disfunzioni pelviche. Nel giro di pochi giorni quasi tutto quello che abbiamo sempre fatto per curare i nostri pazienti è diventato non urgente e quindi differibile a data da destinarsi secondo tutte linee guida e le direttive governative.
Come si sa, la misura è il fondamento della scienza e un fenomeno non misurato spesso non é ritenuto nemmeno esistente. Pertanto, SIUD ha ritenuto utile raccogliere dati di prima mano relativi agli effetti della prima ondata della pandemia COVID-19 sulla pratica clinica nell’ambito delle disfunzioni pelviche. Ciò è stato fatto attraverso una web-survey inviata direttamente ai soci che in un intervallo di 26 giorni, dal 22 giugno al 17 luglio 2020, ha raccolto 85 risposte valutabili. I risultati completi sono stati pubblicati su Neurourology and Urodynamics e l’articolo è disponibile per il download al link: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/nau.24610

La survey ha coinvolto tutti gli Specialisti afferenti alla SIUD, con prevalenza degli Urologi (47%), seguiti dai Ginecologi (29,5%). La maggioranza dei rispondenti lavorava in strutture sanitarie pubbliche (68%) e in strutture che trattavano pazienti COVID in maniera mista o esclusiva (65%). Il 26% è stato dirottato ad assistere pazienti COVID.

Tra i dati di maggior interesse, è emerso un drammatico impatto su tutte le prestazioni cliniche fornite ai pazienti, sia in regime ambulatoriale che di ricovero.

Il minor tasso di cancellazione è stato registrato per le visite (70,1%), probabilmente anche grazie al ricorso alla telemedicina il cui utilizzo è stato riportato dal 33% dei rispondenti. Il picco di prestazioni cancellate si è registrato nel mese di aprile e ha riguardato, tra l’altro, l’89% delle visite, il 95% degli studi urodinamici e delle fisioterapie, il 96% degli interventi per incontinenza da sforzo. Tanto per dare un’idea più specifica del significato di tali tassi di cancellazione, riferendoci ai soli interventi per incontinenza urinaria da sforzo femminile e basandoci sui dati nazionali forniti dal Ministero della Salute relativi al periodo pre-COVID, possiamo stimare circa 1637 interventi di sling e colposospensione non eseguiti a livello nazionale, solo come effetto della prima ondata pandemica.

L’impatto è stato tanto più drammatico se si pensa che la pandemia ha coinvolto più pesantemente proprio quelle regioni che forniscono il maggior numero di prestazioni, appunto quelle del Nord Italia. Non sono però emerse sostanziali differenze geografiche nei tassi di cancellazione, probabilmente per la rapida estensione a livello nazionale sia delle direttive di limitazione delle prestazioni sanitarie a quelle urgenti e non differibili, sia dell’impatto psicologico che ha portato e che porta ancor oggi molti pazienti a rimandare visite, accertamenti ed interventi per disfunzioni pelviche.

Ci auguriamo che questi dati possano essere di aiuto nel dar voce sia a noi professionisti della cura delle disfunzioni pelviche nello sforzo di prioritizzare tali patologie nelle nostre rispettive strutture sanitarie, sia ai tantissimi pazienti che hanno spesso sofferto nel silenzio l’improvvisa carenza di un’adeguata assistenza.

prestazioni diagnostiche
prestazioni terapeutiche

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