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IL PUNTO DI VISTA DI Sandro Sandri, attuale Presidente della SIUD, Direttore U.O. Urologia e Unità Spinale, Ospedale “G. Fornaroli”, Magenta (MI)

Il punto di vista di

 

Introduzione

Le complicanze urinarie sono state a lungo la causa principale di morte del mieloleso.
Oggi la situazione è cambiata. La comprensione dell’evoluzione della Vescica Neurologica ed il riconoscimento dei fattori prognostici hanno permesso di adottare terapie più efficaci, in particolare nelle situazioni più a rischio, e di raccomandare la necessità di un follow-up attento a riconoscere i primi segnali di un deterioramento non solo senile dell’apparato urinario.
D’altra parte terapie sempre più innovative vengono introdotte allo scopo di rendere più semplici, mini-invasivi e meno rischiosi i trattamenti, dei quali tuttavia è sempre necessario un attento follow-up allo scopo di riconoscere quanto prima eventuali effetti inattesi.

Notizie storiche

Dopo la Prima Guerra Mondiale l’80% dei mielolesi da trauma spinale moriva entro alcune settimane a causa di infezioni favorite dal catetere a permanenza e da piaghe da decubito.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la mortalità in fase acuta è scesa al 60-80% per un miglioramento del trattamento.
La mortalità è ulteriormente scesa negli anni 60 al 30%, fino ad arrivare al 6% negli anni 80 (1).
La diminuita mortalità per cause urinarie è in parte responsabile del guadagno in sopravvivenza. Dopo la Seconda Guerra Mondiale e quella di Corea la mortalità da cause urinarie era stimata al 43% (2). In seguito si è ridotta nel tempo con un dimezzamento ogni 10 anni (3).
Questa stessa evoluzione favorevole in tema di mortalità è stata osservata anche per la morbidità, attraverso misure preventive per evitare l’ospedalizzazione da complicazioni urologiche.
Attualmente il 43% dei ripetuti ricoveri avviene principalmente per cause urinarie (4), tuttavia nella maggior parte dei casi si tratta solo di check up e ciò conferma il progresso dalla cura alla prevenzione e l’importanza del follow-up.

Fattori prognostici delle alterazione dell’alto tratto urinario

I classici criteri di valutazione della vescica neurologica scompensata considerano la presenza di residuo post minzionale, infezione urinaria, reflusso vescico-ureterale, ureteroidronefrosi, calcolosi, incontinenza urinaria ovvero situazioni che spesso riflettono una situazione di deterioramento già avvenuta, senza avere un buon valore prognostico.
Gli obiettivi del follow-up devono invece rivolgersi a prevenire oltre che risolvere i problemi incontrati dai pazienti mielolesi.
Questo significa riconoscere nuovi indicatori prognostici oltre a migliorare la continenza urinaria, limitare le infezioni, facilitare lo svuotamento vescicale preservando l’autonomia e proteggere l’alto apparato urinario.
Inoltre l’equilibrio raggiunto in un determinato momento non deve essere considerato come immutabile.

Pressione detrusoriale

Il ruolo della elevata pressione vescicale durante il riempimento venne riconosciuto già nel 1981 quando Mc Guire riconobbe il pericolo delle elevate pressioni intravescicali nel mieloleso (5). Individuò in 40 cm H2O il valore limite del bladder leak point pressure al di sotto del quale non si verificava reflusso e si manifestava solo il 10% di dilatazione dell’alta via escretrice, mentre per valori superiori si raggiungeva il 61% di pazienti con reflusso e l’81% di dilatazione dell’alto tratto urinario.
L’elevata pressione vescicale si può manifestare sia in vesciche iperattive con contrazioni ampie e protratte sia in vesciche acontrattili con ridotta compliance, come avviene particolarmente nel mielomeningocele.

 

L’iperpressione vescicale produce inizialmente aumento dell’ampiezza e della frequenza delle contrazioni ureterali e successivamente dilatazione e/o reflusso. Più la pressione è elevata e persistente più in fretta la situazione peggiora, anche se le alterazioni dell’alto tratto urinario rimangono inizialmente reversibili se si riducono le pressioni, ad es. con farmaci antimuscarinici ed il cateterismo intermittente.
L’iperpressione vescicale può inoltre produrre trabecolazione e/o diverticoli vescicali. La presenza di reflussi e diverticoli facilita la comparsa di infezioni che peggiorano l’iperattività vescicale. Inoltre la persistenza di iperpressione comporta nel tempo danni ischemici ed il tessuto muscolare detrusoriale diviene via via più rarefatto e sostituito da tessuto collagene. Ciò contribuisce da un lato a ridurre la contrattilità detrusoriale e quindi le pressioni vescicali creando una situazione più favorevole per l’alto tratto urinario. E’ di esperienza comune che vesciche maggiormente deformate da sfondati o diverticoli sono meno sfavorevoli per l’alta via escretrice. D’altra parte la fibrosi è irreversibile e può ispessire la parete vescicale restringendo l’uretere intramurale con conseguente ureteroidronefrosi. In questi casi il trattamento dell’iperattività vescicale non consente più il recupero dell’alta via escretrice.

Età di insorgenza

La prognosi delle disfunzioni neurogene del basso tratto urinario nei casi di paraplegia acquisita nell’infanzia è migliore che nell’adulto (6) con un’incidenza inferiore di derivazioni urinarie non continenti nel lungo periodo (7).
Nell’anziano la mielolesione comporta spesso l’insorgenza di complicazioni. La riabilitazione spesso fallisce per: difficoltà ad adattarsi alla nuova situazione, un basso tratto urinario alterato dall’età (iperplasia prostatica, cistocele, deficit sfinterico), riflessi rallentati e ipoattività detrusoriale. Questi fattori spiegano il frequente ricorso al catetere a permanenza o a procedure chirurgiche nel maschio. Infatti quando la lesione si verifica dopo i 60 anni il 50% ricorre al catetere ed il 50% degli uomini a interventi disostruttivi (8).
La prognosi nell’anziano pertanto è più legata a fattori personali piuttosto che alla situazione neuro urologica.

Sesso

In passato le donne risultavano meno esposte degli uomini alle complicazioni urologiche con un rapporto di 1 : 4,4 rispettivamente (9).
Questa differenza sembra non essere più stata osservata recentemente (10).
Il sistema di drenaggio urinario che viene preferibilmente scelto in funzione del sesso (es. raccoglitore esterno per l’uomo, catetere per la donna) svolge un ruolo più importante per la pericolosità del catetere a permanenza rispetto al raccoglitore esterno, al cateterismo intermittente, alla minzione riflessa ed all’uso di pannoloni (11).

Tipo di lesione neurologica

In uno studio di Gerridzen et al. (12) su 140 mielolesi, di cui 62% tetraplegici e 38% paraplegici, il 51% dei paraplegici presentava iperattività detrusoriale (il 49% areflessia), mentre l’86% dei tetraplegici aveva iperattività vescicale ed il resto areflessia. Otto anni dopo la lesione le alterazioni all’alto tratto urinario erano presenti nel doppio dei tetraplegici (17%) rispetto ai paraplegici (8%).
Anche la completezza della lesione svolge un ruolo: l’incidenza di reflusso è maggiore nelle lesioni complete rispetto a quelle incomplete con una frequenza identica tra para e tetraplegici (13). Probabilmente la percezione di uno stimolo più o meno equivalente limita i rischi prodotti dalle elevate pressioni vescicali per uno svuotamento più precoce.

Tipo di svuotamento vescicale

L’elevato rischio di complicazioni da catetere a permanenza è stato messo in evidenza sia nella fase iniziale subito dopo il trauma (14), sia nel lungo termine in uno studio di 316 mielolesi maschili (15) nel quale il catetere a permanenza è stato confrontato con il catetere sovrapubico, con la minzione riflessa (con residui inferiori a 100 ml e pressioni di svuotamento < 40 cm H2O) e con il cateterismo intermittente. Le complicazioni si sono presentate nel 54% dei pazienti con catetere a dimora, nel 44% di quelli con catetere sovrapubico, nel 32% di quelli con minzione riflessa e nel 27% di quelli in cateterismo intermittente. Pertanto il cateterismo intermittente rappresenta il sistema di svuotamento più sicuro nel prevenire le complicazioni urologiche, mentre il catetere a permanenza il più a rischio.

Infezioni urinarie

Il 94% dei pazienti mielolesi va incontro almeno una volta a infezione urinaria. L’epididimite si verifica nel 16% dei pazienti e la pielonefrite nel 3,5% (15).
I sintomi di infezione urinaria, quando non si manifesta febbre, brividi, urine torbide, maleodoranti, ematiche, sono spesso meno ovvi nel mieloleso, apparendo come incontinenza tra i cateterismi, stimolo meglio avvertito e frequente, dolore lombare o sovrapubico, aumento della spasticità o al contrario letargia, malessere generale.
La batteriuria asintomatica e non associata a urine torbide, leucocituria o batteri ureasi produttori non merita di essere trattata, essendo frequentemente causata da colonizzazione batterica delle mucose del basso tratto urinario.
I fattori di rischio per l’insorgenza di infezioni urinarie sono: la sovradistensione vescicale, l’elevata pressione vescicale, la persistenza di residuo postminzionale, la calcolosi urinaria, l’ostruzione uretrale (organica o funzionale), la stipsi, la gravidanza, anomalie anatomiche congenite o acquisite del tratto urinario, la ridotta igiene personale, la presenza di corpi estranei (cateteri, raccoglitori, pannoloni), i ripetuti traumatismi uretrali o la scorretta igiene nell’esecuzione del cateterismo intermittente.
Il catetere a permanenza è la causa principale di complicanze infettive come la pielonefrite ed in particolare l’epididimite.
Il cateterismo intermittente è causa meno frequente di epididimite che la minzione riflessa.

Funzione renale

I due metodi più sensibili per monitorare la funzione renale sono ritenuti la creatinina clearance e la nefroscintigrafia sequenziale con DTPA. Infatti la creatininemia si riduce con l’età e la riduzione della massa corporea e in particolare muscolare, come si può verificare con la neuropatia, e può così rimanere normale nonostante una ridotta filtrazione glomerulare.
Recentemente è stata però osservata un’ampia variabilità nella determinazione della creatinina clearence con deviazione standard intra-soggetto fino a 26 ml/min. Inoltre la valutazione della creatinina clearance può essere un problema in alcuni mielolesi con incontinenza urinaria per la difficoltà a raccogliere le urine delle 24 ore. Pertanto la creatininemia rimane superiore alla creatina clearance in termini di ripetitività e variabilità (16).

Il filtrato renale misurato con la nefroscintigrafia si riduce di 4,5 ml/min. ogni anno nei 10 anni successivi alla mielolesione (17). I fattori che si associano alla riduzione sono l’età, il sesso femminile, la calcolosi renale o vescicale, la tetraplegia, episodi frequenti di febbre o brividi. Non c’è relazione con la durata della lesione, né con la sua gravità o la presenza di batteriuria.
Anche il reflusso vescico-ureterale e la proteinuria si correlano con un deterioramento dell’alto tratto urinario (18). In particolare la proteinuria può essere favorita dal catetere a permanenza, dal numero di interventi per piaghe da decubito, dall’ipertensione arteriosa e dalla tarda età. La proteinuria può essere causata dalla pielonefrite cronica o dall’amiloidosi renale che spesso si riscontrano nei reni di questi pazienti in grave insufficienza renale.
Le alterazioni dell’alto tratto urinario si presentano nel 19% dei pazienti con catetere a permanenza, nell’8% di quelli con minzione riflessa e nel 7% di quelli in cateterismo intermittente. Inoltre la mortalità da qualsiasi causa è 2 volte più frequente nei pazienti con catetere a permanenza, tuttavia occorre tener conto che questi in genere presentano una età maggiore (19).

Complicazioni uretrali

Le stenosi uretrali si verificano nel 12% dei pazienti e ascessi periuretrali nel 3%.
Il cateterismo intermittente causa la metà delle stenosi uretrali prodotte dal catetere a permanenza, ma un’incidenza significativamente maggiore che il catetere sovrapubico e la minzione riflessa (15).

Calcolosi

La calcolosi reno-ureterale si manifesta nel 35% dei casi, mentre quella vescicale nel 15% (15). Il catetere a permanenza è causa significativamente maggiore di calcolosi sia del cateterismo a intermittenza che della minzione spontanea.
Il rischio di litiasi urinaria rimane sempre presente nel tempo: 3% a 5 anni, 5% a 10 anni, 6% a 15 anni e 11% a 20 anni (20) con significative differenze tra l’alto rischio per la presenza di un catetere uretrale o sovrapubico a permanenza ed il basso rischio con il cateterismo intermittente.

Piaghe da decubito

Le piaghe da decubito sono diventate una delle complicazioni che compaiono più di frequente nel protrarsi del follow-up del mieloleso, insieme ai problemi intestinali (stipsi, ragadi, emorroidi, prolassi anali) e di fertilità.
E’ stato osservato che la presenza di un catetere a dimora conduce ad una maggior probabilità di andare incontro alla comparsa di piaghe da decubito e con grado di gravità maggiore rispetto a coloro che praticano il cateterismo intermittente o indossano un condom urinario (21).

Residuo postminzionale
Sebbene la presenza di residuo sia un segnale di squilibrio vescico-sfinterico, non è di per sé un fattore prognostico sfavorevole.
L’alto tratto urinario può alterarsi senza presenza di residuo (22) per il compenso prodotto dalla vescica con un aumento di pressione oppure un residuo cronico può essere ben tollerato per anni in presenza di vesciche ipoattive ad aumentata compliance.
Pertanto ha un valore prognostico più importante la pressione prodotta dalla vescica durante il riempimento a causa di una iperattività o ridotta compliance vescicale o per una dissinergia sfinterica, che la presenza di residuo post minzionale.

Iperattività vescicale

L’incidenza di complicazioni dell’alto tratto urinario è manifestamente maggiore nei pazienti con minzione riflessa (32%) rispetto a pazienti che mingono spontaneamente (0%) o hanno un detrusore iperattivo e inattivato da antimuscarinici (7%). L’iperattività vescicale è maggiormente pericolosa se le contrazioni sono elevate, durature e frequenti:
Nei paraplegici il reflusso si manifesta nel 22% dei casi con pressioni vescicali > 60 cm H2O e nel 5% dei casi quando la pressione è inferiore (23).

Dissinergia vescico-sfinterica

Nelle lesioni soprasacrali l’8% non presenta dissinergia, l’80% ha una dissinergia intermittente ed il 12% una dissinergia persistente: Quest’ultima è molto più frequente quando la lesione neurologica è completa (24).
Soprattutto la dissinergia persistente è responsabile di alte pressioni vescicali che sono la sorgente di rischio per l’alto tratto urinario. Tuttavia più che distinguere il tipo di dissinergia andrebbe maggiormente tenuto conto l’iperpressione vescicale che essa produce.

Compliance

La misurazione della compliance vescicale esprime una valutazione delle pressioni vescicali durante il riempimento così come il bladder leak point pressure.
In una popolazione con compliance vescicale normale l’alto tratto urinario rimane normale nel 78% dei casi dopo 3 anni, mentre se la compliance è ridotta solo il 23% si presenta con un apparato urinario normale dopo lo stesso periodo (25).
Il valore di 15 ml/cm H2O rappresenta il limite al di sotto del quale si verificano incrementi di incidenza delle alterazioni dell’alto tratto urinario (26).
La riduzione della compliance è più frequente nei pazienti con catetere a dimora che in quelli in cateterismo intermittente e in quelli con lesioni sacrali piuttosto che soprasacrali e complete rispetto alle incomplete.
Inoltre la riduzione della compliance peggiora nel tempo nei pazienti con catetere a permanenza con un incremento del 23% ogni 5 anni.
L’evoluzione della compliance vescicale è quindi un fattore di fondamentale importanza nella sorveglianza delle vesciche neurologiche.

Neoplasie vescicali

Il rischio di tumori vescicali è aumentato nei mielolesi di lunga data e in particolare in quelli con catetere a permanenza da oltre 8 anni, con calcolosi vescicale (27) e dopo enterocistoplastica da oltre 10 anni.

Il rischio di tumore vescicale in mielolesi con catetere a permanenza, controllati con cistoscopia, è di 77 per 100.000 persone per anno (28). Questa incidenza corrisponde ad un aumento del rischio aggiustato per età e sesso di 25 : 1 rispetto alla popolazione generale.
Lo stesso rischio rispetto agli altri mielolesi che non hanno mantenuto il catetere a permanenza, aggiustato per età al momento della lesione neurologica, per il suo livello e gravità, storia di calcolosi vescicale e fumo, diventa invece di 5 : 1.
Questi reperti suggeriscono la necessità di un continuo monitoraggio di questi pazienti con citologia urinaria e cistoscopia annuale in particolare in soggetti a rischio (lunga durata della malattia neurologica, catetere a permanenza, enterocistoplastica, litiasi vescicale, infezioni urinarie ricorrenti).

Follow-up

La compliance del paziente è un elemento fondamentale per poter attuare un adeguato follow-up. A sfavore di essa giocano l’ignoranza dei rischi che si corrono, la mancanza di confidenza con il medico ed i costi delle indagini oltre a eventuali difficoltà di trasporto e distanza dai pochi centri che si interessano di queste particolari patologie (29).
I primi anni dopo l’insorgenza della mielolesione sono i più pericolosi per la comparsa di alterazioni dell’alto tratto urinario con particolare rischio in coloro che mantengono a lungo il catetere a dimora (più di 2 mesi) (30, 31).
Tuttavia anche a distanza si osservano situazioni a rischio legate soprattutto all’abbandono da parte di numerosi pazienti del tipo di svuotamento vescicale inizialmente praticato.
In un recente studio americano su quasi 13.000 pazienti seguiti per 30 anni è stato osservato un graduale aumento di coloro che ricorrono al catetere a permanenza (dal 23 al 45%) abbandonando il cateterismo intermittente (ben l’80%) e o l’uso del condom urinario (ben il 65%) ed un lento aumento del ricorso a derivazioni urinarie (dallo 0,02 al 2,6%) (32).
E’ evidente la necessità di un maggior supporto sanitario per prevenire un graduale spostamento verso situazioni apparentemente più comode ma pericolose.

Da una review del tipo di sorveglianza attuato in 12 Unità Spinali del Regno Unito e dell’Irlanda è stata osservata un’ampia variabilità di protocolli e la necessità di un maggior livello di collaborazione e ricerca (33).
D’altronde negli ultimi decenni, oltre a ridurre la mortalità e la morbilità, si è dato più spazio al miglioramento della qualità di vita e ciò ha portato a introdurre maggior trattamenti per l’incontinenza urinaria soprattutto durante il follow-up e ad aumentare i motivi per una più stretta sorveglianza dei pazienti.

Fattori di rischio

Tipo di lesione neurologica
– Tetraplegia > paraplegia, soprasacrale > sacrale, completa > incompleta
> frequenza di vescica iperattiva, dissinergica con alte pressioni vescicali
< possibilità di attuare il cateterismo intermittente e di assumere antimuscarinici
– Lunga durata o progressività della malattia neurologica (in particolare dopo 5 anni con
catetere a permanenza e 15 con sovrapubico)

Età
– Età avanzata > giovane età

Sesso
– Maschio > femmina
dissinergia più frequente e con > pressioni vescicali.
il cateterismo intermittente ha ridotto comunque le differenze.

Urodinamica
– Pressioni vescicali elevate
– Ridotta compliance : sorvegliare se < 20 evitare < 12,5 mL/cmH2O

Tipo di svuotamento vescicale
– Catetere a dimora > sovrapubico
– Minzione riflessa > cateterismo intermittente

Situazioni a rischio
– Storia di litiasi vescicale, infezioni urinarie ricorrenti, enterocistoplastica.
Citologia e cistoscopia annuale dopo 8 anni di catetere a permanenza e 10 anni di
enterocistoplastica.

 

Conclusioni

Tutti i pazienti con vescica neurologica vanno seguiti nel tempo mediante esame urine e urino coltura semestrali, visite, ecografia addominale e creatininemia annuali (ev. PSA se indicato).
Coloro che attuano una minzione riflessa o indossano raccoglitori o pannoloni devono inoltre mantenere controllato il residuo postminzionale almeno 1 volta all’anno.
Dopo 10 anni dal trauma e in presenza di fattori di rischio vanno eseguiti anche il citologico urinario e la cistoscopia annuale.
Quando compaiono nuovi sintomi, infezioni urinarie sintomatiche ricorrenti o aumento del residuo vescicale, è necessario un approfondimento diagnostico con immagini e uro dinamica (es. urovideodinamico e eventuale nefroscintigrafia).

 

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